In Italia la disoccupazione ha raggiunto livelli allarmanti. Quella giovanile, poi, ha assunto dimensioni da catastrofe sociale: oltre il 40% dei giovani sotto i 25 anni non ha un lavoro.
E’ chiaro che occorre intervenire subito, anche con mezzi non propriamente convenzionali. Tra questi spicca la cosiddetta staffetta generazionale. In buona sostanza, si “mandano a casa” i vecchi e si inseriscono i giovani. In questo caso, “mandare a casa” sta per “pre-pensionamento”.
In linea di massima, ossia in senso assoluto, si tratta di una buona idea: i lavoratori oggetto dell’intervento non subiscono alcun danno (la pensione è un bel traguardo sempre e comunque) mentre gli ex-disoccupati non possono che essere contenti di entrare, finalmente, nel mondo del lavoro. A soffrire, casomai, sarebbero le casse dello Stato.
Il Governo Renzi ha intenzione di adottare la staffetta generazionale nella Pubblica Amministrazione. A sentire Marianna Madia, ministro proprio della Pa, migliaia di giovani potranno presto essere assunti per un impiego pubblico.
La strada è comunque tortuosa. Il problema, come al solito, è trovare le coperture.
Altre insidie arrivano anche dagli attori sociali, come i sindacati. Alle varie sigle, per esempio, temono che il pre-pensionamento possa rappresentare un passo indietro per i lavoratori dal punto di vista del reddito.
Alcune grane, però, stanno giunendo dalla stessa maggioranza parlamentare che sostiene l’esecutivo dell’ex sindaco di Firenze. Il Ministro della Pubblica Istruzione Stefania Giannini si è dichiarata in assoluto disaccordo con la staffetta generazionale. “Un sistema sano non ha bisogno di mandare a casa i lavoratori per farne entrare degli altri”, ha dichiarato.