Non che il problema sia sconosciuto, persino tra le associazioni di categoria. Antonio Ortolani, presidente della commissione banche e intermediari finanziari dell’Ordine dei commercialisti di Milano, infatti, è dell’idea (come riportato dal Fatto Quotidiano) che tra le banche e i risparmiatori non ci sia reciprocità. Un modo edulcorato per dire che spesso gli istituti bancari remano contro i propri clienti.
Il giornale di Padellaro e Travaglio ha illustrato alcuni trucchi che le banche praticherebbero per mettere sotto scacco i clienti e chiedere più denaro del dovuto. Si tratta di stratagemmi burocratici, difficili da smascherare per i comuni mortali proprio perché spesso non se ne conosce l’esistenza.
Uno di questi stratagemmi riguarda i mutui a tasso variabile. Una prima furberia consiste nello stabilire il tasso minimo ma non quello massimo, in modo da non precludersi eventuali guadagni futuri “fuori scala”. Peccato, però, che la normativa prevede la possibilità di rescissione del contratto da parte del cliente, se il tasso sale in modo ingestibile. E qui entra in gioco la seconda furberia, che il Fatto chiama “penale mascherata“.
Sempre secondo la normativa, la banca non può imporre una penale in caso di rescissione del contratto per “giusta causa”, come può essere l’aumento vertiginoso del tasso variabile. Può mettere in conto, però, una voce che ufficialmente prende il nome di “spesa per la chiusura“. Ebbene, le banche molto spesso modulano questa spesa in modo quantomeno sospetto. In buona sostanza, la “alzano” ben oltre i 1.000 euro, trasformandola de facto un una penale che, per quanto mascherata, è totalmente legale.
Secondo lo stesso Antonio Ortolani, ci si può proteggere semplicemente ponendo la massima attenzione al momento della stipula del contratto. Le spese per la chiusura sono evidenti nel contratto, basta saperle riconoscere.