Quello degli immobili fantasma è un problema. Molte abitazioni in tantissimi Comuni italiani non sono registrati al catasto. Semplicemente, per lo Stato non esistono e dunque non può tassarli. Alcuni studi rivelano che la cifra persa è nell’ordine dei miliardi di euro e che, potenzialmente, allo stato attuale sono recuperabili circa 440 milioni, che comunque non sono pochi. Alla luce della normativa e di alcune prassi degli amminstratori, il recupero è molto difficile.
Almeno per quest’anno, poi, la situazione è abbastanza disperata. In primis perché sono già stati pubblicati gli elenchi di alcune degli immobili fantasma (elenchi comunali) e secondo l’attuale assetto legislativo le amministazioni avrebbero dovuto procedere ento il 31 marzo 2013, ma non lo si è fatto. Un altro problema è che molti degli immobili fantasma sono stati regolarizzati, sì, ma attraverso una dichiarazione di “ruralità”: i proprietari hanno registrato le loro proprietà prima sconosciute al catasto non come abitazioni ma come costruzioni rurali. Ciò ha senso (nel senso che conviene al contribuente) perché almeno per il 2013 vige l’esenzione per immobili di questo tipo.
Ma c’è un modo per recuperare il gettito fiscale, spiegato chiaramente da Il Sole 24 Ore: far rispettare la legge. La legge in questione è in verità un solo articolo, ma molto dirimente: l’articolo 1, comma 336 della legge n. 311/2004. Questo passaggio stabilisce che il Comune ha a disposizione la seguente procedura: pubblicazione dell’elenco degli immobili fantasma rintracciati, imposizione dell’aggiornamento immediato da parte dei proprietari, aggiornamento da parte dello Stato, ma a carico del contribuente, dell’aggiornamento al catasto se entro 90 giorni il proprietario non ha rimediato da sé.
La procedura non sarebbe facile da mettere in campo, anche perché è immediatamente informatizzabile, con una riduzione dei tempi molto marcata. Le piattaforme web dei Comuni hanno già una sezione dedicata all’argormento, dal titolo “Attività comma 336“.