L’Italia sta cambiando, e con lei il modo di alloggiare. Una delle novità più importanti, ignorata dal legislatore, è quella dell‘affitto breve. Breve quanto? Non tre anni, nemmeno due, bensì qualche mese. Nella migliore delle ipotesi, sei. La ragione della sua diffusione sta nel fatto che raramente chi trova lavoro riesce a stipulare contratti a lunga scadenza. Spesso, se si parla di giovani, si tratta di contratti di sei mesi, quindi è difficile pensare di potersi mantenere un affitto per un tempo giudicato, oggi, normale.
Quindi, avanti con affitti brevi, che fanno contenti tutti, o quasi. Il lavoratore trae vantaggio dalla possibilità di non impegnare un locale anche oltre il suo periodo lavorativo. Il proprietario, invece, trae vantaggio dal canone più alto. Sì, perché chi affitta a breve termine non lo fa “gratis”, ma pretende un canone maggiore. In media, si tratta del 20% in più, ma a Firenze la percentuale sale al 50.
Vincenzo di Tommaso, presidente dell’Ufficio Studi di Idealista.it, autore di una ricerca sul tema, ha dichiarato: “In un momento in cui non si compra e non si vende si fa strada una sorta di micro-economia tra le persone finalizzata al risparmio. Questa formula, che trasforma le case in hotel e i viaggiatori in ospiti, è estremamente interessante per i proprietari per monetizzare surplus divenuti meno sostenibili, come una stanza in più in un appartamento di una grande città oppure una seconda casa“.
Il legislatore ignora questa pratica, per ora, e si concentra sul capitolo fondi. Il ministro Lupi ha dichiarato di recente che il Governo stanzierà 140 milioni per le politiche sull’affitto. Un centinaio di miliardi andrà al fondo, giù esistente, di sostegno agli affitti. I rimanenti 40 miliardi invece serviranno a creare un fondo nuovo, quello dedicato alla cosiddetta “morosità colpevole”. Molto spesso, chi non paga lo fa in quanto costetto, magari perché ha perso il lavoro. Ebbene, questo fondo servirà ad aiutarli.