Come noto, con il d.lgs. 28/2011 è divenuto obbligatorio specificare – su ogni annuncio immobiliare – la classe energetica di appartenenza di un’abitazione. L’indicazione prevede l’annotazione del “rating” energetico, con una fascia di giudizi che va dalla A (la migliore) alla G (la peggiore).
Tuttavia, secondo quanto affermano differenti ricerche compiute sul territorio italiano, ad essere in regola con quanto previsto in materia di certificazione energetica oggi è poco più del 10% degli immobili. Un gap, quello tra quanto realizzato e quanto desiderato, che apre scenari molto interessanti per i certificatori abilitati, che potranno pertanto approcciare ad un mercato piuttosto corposo.
Ma l’intento della certificazione energetica è, ovviamente, altro. Con tale attestazione, infatti, si punta a valorizzare in maniera più convinta l’immobile più attento sul fronte eco-energetico, andando altresì a poter individuare in modo più puntuale e specifico quali interventi adottare per potersi garantire un importante risparmio delle spese in bolletta, potenzialmente in grado di arrivare anche all’80%.
Allo stato attuale delle cose, il freno alla massiccia diffusione dei certificati energetici sembra essere rappresentata dalla possibilità di non incappare in sanzioni in caso di omissione dell’indicazione di tale attestazione: lo scenario potrebbe tuttavia cambiare tra breve, in concomitanza con nuove regolamentazioni di settore.