BCE, parola d’ordine austerity. E’ quanto aspetta gli europei nei prossimi anni. Ciò emerge dal bollettino mensile di ottobre diramato oggi dall’istituto.
“I paesi dell’area dell’euro non dovrebbero vanificare i progressi già conseguiti, ma procedere in linea con le regole del Patto di stabilità e crescita”.
Una frase asettica per raccomandare ancora una volta austerità e rigore. D’altronde, il Patto di stabilità prevede un parsimonioso utilizzo delle risorse e una ferrea disciplina di bilancio.
Il bollettino contiene anche una lucida descrizione della situazione economica attuale. Lucida e sconfortante:
“I dati delle indagini congiunturali disponibili fino a settembre confermano l’indebolimento della dinamica di crescita nell’area dell’euro, pur rimanendo coerenti con una modesta espansione economica nella seconda metà dell’anno”.
Il consiglio, ovviamente, non è solo quello di tagliare e tassare. Si raccomanda anche il completamento dell’iter legislativo teso a riformare il mercato del lavoro. Processo che, in Italia, è a malapena avviato ma già oggetto di aspri dibattiti. In cima all’agenda politica spicca in questo periodo il Job Act.
Discreta importanza è data anche alle politiche monetarie messe in campo da Draghi, che secondo il bollettino devono essere ottimizzate proprio dall’azione dei governi nazionali. L’unica speranza, per ora, proviene proprio dalle riforme “draghiane” ma anche dalle esportazioni, influenzate positive dagli accenni di ripresa dell’economia globale: “La domanda di esportazioni dovrebbe inoltre beneficiare della ripresa mondiale, ma ciò nonostante è probabile che la disoccupazione elevata, la cospicua capacità produttiva inutilizzata, il perdurare di un tasso di variazione negativo dei prestiti bancari al settore privato e gli aggiustamenti di bilancio necessari nei settori pubblico e privato continuino a frenare la ripresa”.