La catastrofe era nell’aria già da un anno, ma oggi è arrivata la certificazione dell’Istat. L’indice dei prezzi a consumo ha fatto segnare ad agosto, su base annua (quindi rispetto allo stesso mese dello scorso anno) una contrazione dello 0,1%. L’Italia è quindi ufficialmente in deflazione, termine tecnico che identifica quella situazione in cui i prezzi scendono.
Non si tratta di una buona notizia. A naso, però, potrebbe sembrarlo. Chi non è contento che i prezzi scendano? E invece per l’economia è una vera e propria catastrofe. Il ragionamento è intuitivo. Se i prezzi tendono a contrarsi, i consumatori ritardano l’acquisto perché sanno che quel bene, fra un mese o due, costerà ancora meno. Nel frattempo le aziende non vendono, perdono fatturato e chiudono. Ma c’è di peggio. Se i prezzi tendono a scendere, le imprese per farsi concorrenza devono abbassarli ancora di più. Un gioco al ribasso che ha come conseguenza la contrazione dei costi e quindi il taglio al personale o agli stipendi.
Alla luce di ciò, è facile immaginare come la deflazione possa fare danni in un contesto di recessione economica. Non a caso l’ultima volta che l’Italia si è trovata in deflazione correva l’anno 1959, ma in quel periodo il Bel Paese viveva un periodo di forte crescita.
L’Europa non se la passa molto meglio, ma è l’Italia a far registrare le performance peggiori. Anche per quanto l’occupazione: da luglio ad agosto è come se si fossero persi qualcosa come 1000 posti di lavoro al giorno. Il tasso di disoccupazione giovanile, poi, rimane ancorato al 43%.