Che il federalismo all’italiana non abbia funzionato a dovere è sotto gli occhi di tutti. Che però abbia causato l’aumento delle tasse locali, fallendo proprio nel suo intento principale, desta un po’ di stupore. Eppure è questa la conclusione a cui la Cgia di Mestre è pervenuta grazie alla sua ultima indagine. Questa si è focalizzata sulla situazione del fisco dal 1997 e il 2014.
Correva l’anno 1997 e il governo di centrosinistra guidato da Romano Prodi giungeva a un compromesso con la Lega. L’Italia non si trasformava certo in uno stato federale, ma alle amministrazioni locali venivano concessi ampi margini di manovra per costruire una tassazione “propria”. Lo scopo era triplice: diminuire le tasse a livello centrale, consegnare ai cittadini uno strumento per valutare i propri sindaci, diminuire la spesa pubblica.
Mentre sul secondo scopo è impossibile pronunciarsi (è soggettivo), si può affermare senza tema di smentita che il federalismo all’italiana non è riuscito a raggiungere il primo e il terzo obiettivo.
La Cgia di Mestre ha infatti scoperto che in questi diciassette anni le tasse locali sono aumentate a dismisura, per la precisione del 109%. Consistente anche quello delle tasse centrali (42%).
Giuseppe Bortolussi, presidente della Cgia, ha commentato così l’indagine: “Il decentramento di parte delle funzioni pubbliche dallo Stato centrale alla periferia, avviato alla fine degli anni ’90 non è riuscito a frenare la spesa pubblica, che invece ha continuato a crescere in misura superiore alle entrate. Nonostante gli sforzi e l’impegno profuso, possiamo dire che, allo stato attuale, il federalismo all’italiana abbia fallito”.