L’art. 112 del T.U. 1124/1965, in merito all’argomento sulla denuncia di malattia professionale presso l’INAIL, dice che “L’azione per conseguire le prestazioni di cui al presente titolo si prescrive nel termine di tre anni dal giorno dell’infortunio o da quello della manifestazione della malattia professionale”.
Qualora un lavoratore abbia dei problemi a entrambi (o anche ad uno) gli arti superiori, tali che dopo alcuni anni si vede costretto a doversi sottoporre ad intervento chirurgico, e scopra che il suo lavoro gli abbia potuto causare le predette patologie (sovraccarico biomeccanico degli arti), è palese domandarsi quando si può considerare validi i tre anni previsti per la denuncia della malattia professionale.
Di norma, il termine di tre anni previsto dalla legge per l’esercizio dell’azione che ha lo scopo di ottenere le prestazioni Inail, in situazioni di malattia professionale, deve per forza cominciare dalla data in cui l’interessato capisca davvero in modo oggettivo la presenza della malattia stessa e dell’origine professionale.
Ecco dunque che, la presa coscienza oggettiva deve ritenersi presa appieno solo in un secondo momento, dinanzi ad una visita medica ad hoc o, come nel caso esemplificativo fatto, in virtù di un intervento chirurgico, in cui “di norma” il lavoratore prende consapevolezza l’esistenza della malattia che invalida e il nesso causale con l’attività lavorativa praticata.
Quello appena descritto è l’orientamento ormai su cui verte la Cassazione che, nella più recente ordinanza n. 11593/2017, ha definito quanto di seguito: “la manifestazione della malattia professionale, rilevante quale dies a quo per la decorrenza del termine prescrizionale di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 112, può ritenersi verificata, in un equilibrato rilievo tra l’elemento oggettivo della manifestazione e la consapevolezza soggettiva da parte del lavoratore che non frustri lo scopo degli interventi della giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. n.116 del 1969, n. 129 del 1986, n. 206 del 1988, n. 31 del 1991), quando la consapevolezza circa l’esistenza della malattia, la sua origine professionale e il suo grado invalidante siano desumibili da eventi oggettivi ed esterni alla persona dell’assicurato, che costituiscano fatto noto ai sensi degli articoli 2727 e 2729 c.c., quali la domanda amministrativa, nonché la diagnosi medica, contemporanea, dalla quale la malattia sia riconoscibile per l’assicurato (Cass. nn. 23457/2009; 14584/2009; 7323/2005; 23418/2004; 23110/2004; 19575/2004;2625/2004)”.
E stando sempre all’orientamento della Cassazione, il manifestarsi della malattia professionale è l’aspetto oggettivo che si rende conto della situazione, e che permette al fatto stesso di rientrare nella piena consapevolezza; è, in linea di massima, l’oggettiva possibilità che il fatto sia noto dalla persona colpita, e cioè la sua conoscibilità.
La conoscibilità riguarda “l’esistenza della malattia, e i suoi caratteri di professionalità ed indennizzabilità”. In altre parole, essa diventa del tutto rilevante, da parte del soggetto occupato, non soltanto dell’esistenza della malattia, ma anche della sua origine professionale.
Il termine di tre anni per la prescrizione parte dunque dalla data in cui tale conoscibilità oggettiva può essere considerata acquisita (nel caso preso in esame, dalla data in cui è stato preso coscienza del parere medico in virtù dell’intervento chirurgico).
Fonte articolo: Impresitalia
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