Jirki Katainen è uno dei più famosi falchi dell’austerity e, in questa veste, questa mattina ha minacciato l’Italia: “Non escludiamo procedure sulla Legge di Stabilità“. La manovra, dunque, non è al sicuro. Tutto ciò nonostante l’ok da Bruxelles, che non ha individuato una violazione dei trattati e degli accordi presi in precedenza.
“Il fatto che non abbia riscontrato serie deviazioni dalle regole del Patto, non significa che i piani lo rispettano in toto, non pregiudica la nostra analisi finale e non esclude che la Commissione possa adottare procedure nell’ambito del Patto“, questa la dichiarazione che apre le porte a possibili procedure di infrazione.
Alla luce di queste parole, e soprattutto dei tumulti parlamentari che aspettano alla manovra, questo scenario non è improbabile. La Commissione, infatti, non è l’ostacolo più difficile che il Governo è chiamato a superare. Le preoccupazioni maggiori sono date dal Senato, dove l’esecutivo ha una maggioranza certo non larghissima. Senza contare poi la pioggia di emendamenti che rischia di cadere sulla Legge di Stabilità, sulla scorta di un genuino tentativo di miglioramento ma anche della volontà di mettere i bastoni tra le ruote a Renzi.
Nel frattempo, più per propaganda che per reale convinzione, il Governo canta vittoria. La dialettica è quella tra flessibilisti e rigoristi, sebbene l’Italia, in fin dei conti ha rispettato i trattati e si è dimostrata ubbidiente. Anzi, ha persino accolto le richieste della Commissione circa l’adeguamento del deficit al 2,6% anziché al 2,9%. Poco per potersi definire “flessibilisti”.