Che la situazione in Europa fosse più difficile del previsto, se ne sono accorti un po’ tutti. Che fosse tragica a tal punto da generare sconforto anche presso i policymaker (spesso incline all’ottimismo), se l’aspettavano in pochi.
Ieri si è svolto a Napoli il direttivo della Bce. Sul tavolo molte questioni, tra cui la realizzazione di misure non convenzionali. I mercati credevano in una scossa. In un analisi sì negativa del quadro attuale ma anche nell’avanzamento di proposte forti, come il Quantitative Easing.
Draghi ha deluso sotto tutti i punti di vista.
Ha parlato dello stato dell’economia in Europa e lo ha fatto con toni pessimisti. Ha parlato delle proposte in campo e non ha annunciato nessuna novità. Come sempre, ha però rassicurato che se le contingenze lo richiedessero, la Bce utilizzerebbe strumenti non convenzionali.
Niente di nuovo sotto il sole. E’ da qualche anno che il presidente della Bce menziona le misure non convenzionali come extrema ratio. Ma se fino a qualche settimana fa cio poteva indurre gli investitori a pensare che sì, Draghi avrebbe introdotto il Quantitative Easing, oggi suonano come annunci vuoti, privi di significato.
La parte descrittiva dell’intervento di Draghi ha fotograto un Europa in pezzi. Crescita bassa o pari allo zero, deflazione alle porte, consumi che non ripartono. Di notevole è solo la forza con cui si è difeso dalle accuse. “Comprendo i motivi della protesta, con questa recessione che sembra non finire mai e che dà alla gente la sensazione di dover pagare anche per gli altri, in una debole situazione economica del Paese. Ma devo correggere l’idea che la Bce sia all’origine della crisi. Se andiamo indietro con la memoria, due o tre anni fa, prima che la Bce intervenisse, il sistema finanziario era prossimo al collasso”.