Disoccuppazione alle stelle che colpisce i giovani e che non accenna a placarsi. Questo è il quadro delineato dall’ultimo rapporto del Cnel che sottolinea la necessità di intervenire con una riforma del lavoro imminenti, che riconosca maggiori tutele, punti maggiormente alla qualificazione del capitale umano anche imprenditoriale e disciplini figure contrattuali adeguate alla situazione attuale.
Il Rapporto annuale sul mercato del lavoro di Tiziano Treu mostra come nei sette anni in cui l’Italia si è trovata a fare i conti con una delle crisi peggiori dal dopoguerra, siano stati eliminati 1 milione di posti di lavoro. Ancor più demoralizzante è sapere che tornare ai livelli occupazionali del 2007 è impossibile, con l’inflazione che continua a crescere e i fisco continua a chiedere sforzi al limite dell’impossibile. Il tasso di disoccupazione nel 2013 ha raggiunto il 30% e nel 2014 non ha mostrato rallentamenti.
Partendo dai settori che maggiormente risentono della disocupazione sicuramente quello dell’edilizia è il più vessato, con 400 mila posti in meno. Segue subito dopo l’industria in cui la situazione non è molto meglio. Per quanto riguarda le aree geografiche, il Pil al sud è sceso del doppio rispetto alle regioni del centro nord. I segnali di ripresa non hanno riguardato l’occupazione.
Il Cnel ha spiegato come uno dei principali problemi che impedisce la crescita dell’occupazione sia il mancato ricambio. I lavoratori non vanno in pensione a causa delle riforme legislative che ne hanno progato l’uscita dal mercato e di conseguenza non si crea nessuno spazio per i giovani. Con un sistema produttivo, privo o quasi di ricambio generazionale si rischia di piegarsi su stessi. Diventa più difficile adeguarsi alle tecnologie, all’innovazione, ovviamente ciò non significa non tener conto del valore apportato da lavoratori qualificati, ma va data fiducia e vanno create opportunità per i giovani.
Altro problema sottolineato dal Cnel è l’aumento delle persone che vivono in condizioni di povertà pur lavorando. Lo studio rileva come un tempo la povertà fosse associata all’assenza di occupazione. Oggi sempre più spesso gli occupati sono poveri vivendo in condizioni di sottoccupazione o precarietà. Questo fenomeno interessa soprattutto i lavoratori meno qualificati con un basso livello di istruzione, ma si sta estendendo anche ai lavoratori autonomi istruiti con dipendenti, rendendo l’impoverimento generalizzato. La povertà spesso interessa interi nuclei familiari, specie se a lavorare è solo un membro.
A queste condizioni il Cnel spinge ad avviare quanto prima una riforma del lavoro, che riconosca maggiori tutele e disciplini forme di contratto adeguate alla situazione. I sussidi sono pochi, e non si punta alla ricerca e allo sviluppo. Manca soprattutto la formazione di una buona classe imprenditoriale. Secondo il Cnel in Italia le imprese con al vertice un imprenditore che abbia istruzione terziaria è solo 29%.
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