Uno dei problemi più gravi causati dalla crisi economica risponde al nome di “credit crunch”, la stretta al credito, quel fenomeno per il quale le banche non prestano denaro alle imprese e alle famiglie, ponendo in essere stagnazione e recessione.
La colpa, almeno a una prima analisi, è delle banche. Queste, anziché concedere finanziamenti e adempiere così a un loro dovere, preferiscono investire in titoli di debito pubblico, che in genere hanno rendimento alto e sicuro.
Ovviamente, co-esistono moltre altre ragioni ma è invitabile che il dito venga puntato contro le istituzioni finanziarie.
Così ha fatto Confesercenti, che ha diffuso di recente un rapporto in cui rivela i numeri della “sofferenza” che le banche hanno imposto alle imprese. In sintesi, l’ente ha calcolato quanti miliardi le banche non hanno prestato alle imprese.
La cifra è imponente: 100 miliardi. Giusto per dare un’idea, un terzo dell’investimento che l’Europa intende realizzare in tre anni.
“Il credit crunch è tutt’altro che terminato. Ad agosto lo stock di prestiti alle imprese, comprensivi delle sofferenze, si è fermato a quota 913 miliardi: ben 103 miliardi di euro di prestiti in meno rispetto al novembre 2011, con un crollo complessivo del 10,2%” Ha dichiarato il vicepresidente Massimo Vivioli, che ha anche lanciato un appello al governo: “Per questo chiediamo che il Governo intervenga con sollecitudine percorrendo la strada indicata con lungimiranza e chiarezza da Draghi e Bce, spingendo le banche a creare le condizioni per agevolare l’accesso al credito di imprese e famiglie e far ripartire, in questo modo, l’economia italiana”.
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