Oggi l’Eurogruppo si è riunito per fare il punto sulla crescita europea ed elaborare strategie condivise per uscire dalla crisi. Le conclusioni, leggermente in discontinuità con quanto realizzato fino a questo momento, sono state accolte con poco favore da Kirki Katainen, neo commissario del lavoro, fefelissimo della Merkel e falco dell’austerity.
Quali considerazioni avrà mai prodotto l’Eurogruppo per infastidire il finlandese? A dire il vero, niente di particolarmente radicale. Si è semplicemente deciso di confermare il parere positivo circa le politiche accomodanti di Draghi e di accompagnarle con azioni in grado di abbassare la pressione fiscale sul lavoro.
Il presidente della Bce ha abbassato ulteriormente il costo del denaro e ha organizzato un piano di rifinanziamento delle banche commerciali e avviato un programma di cartolarizzazioni. Si tratta di misure di politica monetaria espansive, ma assolutamente lontane – per intensità ed eventuali effetti collaterali – al tanto temuto Quantitative Easing. I ministri europei hanno stabilito di favorire la defiscalizzazione sul lavoro.
Il commento di Katainen è stato sprezzante, a riprova delle difficoltà che gli anti-austerity saranno costrette ad affrontare quand’anche chiederanno la minima concessione. La sua interpretazione è semplice: le politiche accomodante sono inutili se non si procede al rispetto di alcuni obblighi, come quello di riformare gli ordinamenti degli stati membri.
“La crescita ha bisogno sia di una migliore domanda sia di una miglior offerta. Politiche fiscali più accomodanti non potranno essere d’aiuto senza le riforme per una migliore competitività”.
Per riforme, ovviamente, si intende l’alleggerimento del peso dello Stato e l’introduzione di una forte flessibilità (precarietà?) nel mercato del lavoro.