Bankitalia ha pubblicato oggi, 13 agosto, i dati sul debito pubblico italiano riferiti al 30 giugno 2014. Non ci sono buone notizie, anzi. Il debito pubblico dell’Italia è salito a 2.168 miliardi. In particolare, nei primi sei mesi di quest’anno la macchina statale si è indebitata per altri 100 miliardi (per la precisione 99,1) mentre nel mese di giugno “solo” di 2.
C’è evidentemente qualcosa che non quadra. L’Italia, seppur con molta fatica, sta rispettando la disciplina di bilancio imposta dall’Unione Europea. Il deficit, ossia la differenza tra entrate e uscite nel corso di un anno, è inferiore o comunque vicina al 3% del rapporto con il Pil. Insomma, stiamo facendo i compiti a casa. Dunque, come si spiega questo incremento del debito pubblico?
La causa, probabilmente, va rintracciata proprio nella disciplina di bilancio. Può sembrare un paradosso, ma è proprio lei a generare l’aumento della massa debitoria.
Matematicamente, l’incremento si spiega con il decremento delle entrate. Questo, a sua volta, si spiega con il calo del Pil. Se la ricchezza decresce, decresce a sua volta la base imponibile per il fisco.
Chiedersi cosa causa l’aumento del debito equivale a chiedersi cosa causa il calo del Pil. E la risposta, in questo caso, è la disciplina di bilancio. Questa richiede, nella peggiore delle ipotesi, un aumento delle tasse e nella migliore delle ipotesi una contrazione della spesa pubblica. In entrambi i casi i consumi calano, e quindi anche il fatturato delle imprese e dello Stato.
Se le tasse aumentano, i cittadini consumano di mano. Se la spesa pubblica diminuisce, lo Stato non procura beni e servizi come una volta, dunque si registrano meno commesse per le imprese e meno lavoro – dunque meno reddito – per i cittadini.