Tutto si può dire sul fisco italiano, tranne che non sia creativo. I vari governi che si sono susseguiti in questi anni di austerity hanno dato prova di una fantasia fuori dal comune. Il tutto con uno scopo: aumentare il carico sui cittadini e rimpinguare le casse dello Stato.
L’ultima in ordine di tempo è la tassa sui telefonini. Per ora, sia chiaro, si tratta di un’ipotesi, comunque ampiamente caldeggiata dalla maggioranza. In che cosa consiste? Per comprendere meglio la questione, forse è meglio partire dalla fine, ossia dal risultato: se la cosa andasse in porto, i cellulari costerebbe come minimo qualche euro in più.
Un aumento dopotutto sopportabile, ma a destare perplessità è l’insieme di giustificazioni (e motivazioni) con il quale il provvedimento è stato presentato. In estrema sintesi, secondo il Governo la nuova tassa è un atto dovuto nei confronti degli autori. Dal momento che i lavori di questi ultimini vengono continuamente riprodotti su dispositivi come, appunto, i telefonini, si è pensato ad una “gabella” i cui proventi andranno proprio agli autori. Una sorta di compenso.
La questione impatta non solo sui cellulari, ma su tutti i dispositivi in grado di ospitare in remoto file musicali, testuali e video. Dunque chiavette, hard disk, hard disk portatili e così via.
A onore del vero, la tassa già esiste, dunque si parla di un semplice aumento. Se oggi i produttori di device pagano 3 euro, con l’entrata in vigore del provvedimento ne pagheranno il triplo. Inutile dire che, alla fine dei giochi, l’aumento impatterà sul prezzo al dettaglio, quindi sui consumatori.