La Tasi è nell’occhio del ciclone. Il problema è ormai risaputo: i Comuni, nella stragrande maggioranza dei casi, non sono riusciti a comunicare l’aliquota che sta alla base del prelievo. Sicché, per milioni di contribuenti, è scattato il pagamento posticipato. Insomma, se ne parla a ottobre.
La grana maggiore, comunque, sta per essere affrontata dai cittadini dei Comuni cosiddetti “virtuosi”. Quello che sta accadendo è un vero e proprio paradosso. E’ vero che queste “brave” amministrazioni sono riusciti – a differenza di altri – a stabilire e rendere pubblica l’aliquota entro il termine; peccato che molti lo abbiano fatto all’ultimo momento e che il termine per comunicare l’aliquota è spaventosamente vicino alla scadenza per il pagamento.
La combinazione tra questi due fattori: ritardo delle amministrazioni e vicinanza tra le date di scadenza – ha provocato il caos. Caos che domina le menti dei contribuenti ma, soprattutto, gli uffici della Caf. Questi, in particolare, sono costretti a lavorare in condizioni massacranti (soprattutto dal punto di vista del tempo).
Proprio i Caf in questi giorni stanno facendo leva su una “postilla”. Postilla che però rischia di sollevare un polverone di dimensioni enormi. In buona sostanza, secondo i Caf la distanza tra il termine per presentare l’aliquita e il termine ultimo per il pagamento è troppo breve, inferiore all’intervallo minimo stabilito per legge.
“Non sono tempi coerenti con lo statuto del contribuente, che prevede di lasciare 60 giorni tra la norma e il relativo adempimento/scadenza” si legge in una nota ufficiale.