Il Governo Renzi ha annunciato in pompa magna un provvedimento contro le banche, quasi a rivendicare un posizionamento a sinistra a cui tanti non credono.
L’esecitivo dell’ex sindaco di Firenze ha aumentato il prelievo sulle rendite finanziarie. Tutto bene, dunque? Proprio no, dal momento che nella categoria “rendite finanziarie” ci sono finiti anche i conti correnti, che con i poteri forti, nella maggior parte dei casi, hanno ben poco a che fare. In breve, presto verranno tassati anche i risparmi dei cittadini.
Il prelievo, a onor del vero, non avverrà sui risparmi in sé, ma sugli interessi che essi stessi generano. Dall’intervento sono esclusi solo due tipologie di deposito: quelli nei titoli di debito pubblico e i buoni fruttiferi postali.
La novità di Renzi consiste in un aumento del prelievo dal 20 al 26%. Detta così, non sembra nulla di eccezionale. E’ facendo due conti che si scopre l’entità del danno al contribuente che, pur non essendo ingentissima, è comunque fastidiosa.
Prendiamo a mo’ di esempio un conto corrente di 10.000 euro con un interesse netto di 320 euro all’anno. Per effetto dell’aumento del prelievo sulle rendite finanziarie, il contribuente alla fine dell’anno si ritroverà 296 euro, ossia 24 euro in meno.
Ancora peggio andrà a chi possiede in qualità di titolare un conto corrente di 50.000 euro con un interesse netto di 1.500 euro. Questi si vedrà sottrarre dal fisco qualcosa come 120 euro ogni anno. Una cifra non indifferente.
Questa misura, alla luce dei vincoli imposti dalla Bce, non appare irragionevole. Irragionevole, però, è l’ostinazione dell’esecutivo a negare gli effetti dei propri provvedimenti.