Le elezioni politiche europee di fine maggio tengono banco e lo faranno con maggior intensità mano a mano che ci si avvicina al voto. In questo periodo, i veri protagonisti della scena sono i sondaggi. Utilizzati come arma politica piuttosto che come strumento di analisi dell’elettorato, rischiano seriamente si rappresentare l’unico vero ago della bilancia.
I sondaggi, si sa, sono suscettibili dell’istituto che li realizza. Tutti, però, rivelano – sebbene con numeri diversi – la stessa verità. Il Partito Democratico è stabile, Forza Italia è in calo, il M5s è in forte crescita. I motivi di ciò sono politici: la spinta propulsiva di Renzi si è quasi fisiologicamente esaurita, il partito di Berlusconi sta pagando l’assenza – almeno apparente – del suo fondatore, il M5s ha imparato a gestire il consenso e le presenze nei media di massa.
C’è però un “ma”, che le televisioni, né tantomeno i giornali, stanno menzionando. I sondaggi, almeno per ciò che riguarda la compagine grillina, sono strumenti inadeguati per definizione, quasi strutturalmente. Perché? La risposta è in verità piuttosto banale
Tutti i sondaggi politici vengono realizzati con il metodo CATI, ossia con le interviste telefoniche. E’ il metodo più veloce, e la velocità è in questo caso un obbligo più che una scelta. Peccato che però l’elettorato dell’M5s sia molto specifico e che comprenda soprattutto i giovani i quali, per ovvie ragioni, sono irraggiungibili via telefono fisso. Una quota importante di voti dunque non viene calcolata. In che termini è possibile stimare questa quota di invisibili? E’ possibile fare affidamento alle politiche del 2013.
Gli ultimi sondaggi parlavano di un M5s al 18%, che poi prese il 25%. Stando a questa stima, si può affermare che il Movimento potrebbe raggiungere questa volta addirittura il 32%, dal momento che i sondaggi lo danno, mediamente, al 25.