La pressione fiscale, e quindi le tasse, sono uno tra i problemi più grandi che l’Italia deve affrontare dal punto di vista economico. Le responsabilità per questa situazione è generalmente assegnata ai vari governi nazionali che, nel corso degli anni, con manovre e manovrine hanno progressivamente alzato l’asticella del tributo fiscale.
Il senso comunque però non considera il peso clamoroso che le tasse locali esercitano sulla pressione fiscale. Questa inconsapevolezza è determinata, ovviamente, anche dagli organi di informazione che non riservano spazio sufficiente a questo tema. A colmare questa lacuna è intervenuta nei giorni scorsi con uno studio molto importante.
L’ente dei commercianti ha focalizzato l’attenzione sull’aumento delle tasse locali che si è verificato dal 1990 fino ad oggi ma anche su quelli che si sono verificati su lassi di tempi più ridotto. Il dato più allarmante, comunque, riguarda proprio il primo caso.
Dal 1990 ad oggi, le tasse locali sono aumentate del 650%. Questa percentuale è stata calcolata senza considerare l’inflazione, ma assume comunque un significato notevolissime e restituisce la cifra dei sacrifici che gli italiani, non da oggi – e anche in tempi di crescita economica – sono stati chiamati a compiere.
L’analisi di Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, rivela che a influire è stato la pessima comunicazione intercorsa tra i vari livelli dell’amministrazione pubblica, peggiorata da un federalismo fiscale costruito in fretta e male.
“L’assenza di un efficace coordinamento tra diversi livelli di Governo comporta un incremento fuori controllo del carico fiscale complessivamente supportato da famiglie e imprese. Questo federalismo incompiuto e disordinata e necessita di una profonda revisione. Chiediamo al Governo di procedere con decisione in questa direzione per restituire fiducia e risorse alle famiglie e alle imprese“.