Matteo Renzi aumenta la Tasi. Questo titolo campeggia in una buona parte dei giornali che sono usciti in questi ultimi giorni. In verità non si tratta di un vero e proprio aumento deciso dal nuovo Presidente del Consiglio, bensì di un aumento confermato. La questione ha come protagonista la Tasi, resa in extremis più pesante dal Governo Letta. Il nuovo esecutivo, semplicemente, ha convertito tutto nel decreto legge.
E’ tutto un fatto di aliquote. Prima della decisione-conferma di Renzu, l’aliquota massima per la Tasi era del 10,6 per mille per la seconda casa e del 2.5 per la prima casa, cifre che sostanzialmente avvicinavano la tassa ai livelli “sperimentati” nel 2012. Oggi, invece, sono rispettivamente dell’11,4 e del 3,3. Si parla di qualche decina di euro in più, che di base non rappresenterebbe un dramma. Certo il segnale che viene dato non è dei migliori e arriva comunque in un periodo di pesante crisi per le famiglie.
L’unica speranza per i cittadini risiede nel buon senso dei Comuni, ai quali è delegata interamente la questione delle detrazioni fiscali per le fasce meno abbienti.
Il fronte della Tasi è caldo anche a causa dei rapporti tra Stato e Chiesa. La tassa si riferisce ai servizi e non al patrimonio, dunque dovrebbe essere applicata a tutti gli immobili del Vaticano e in effetti è stata questa la prima interpretazione del Governo. Negli ultimi giorni, però, sono stati dichiarati dallo staff del MEF (Ministro dell’Economia) esenti almeno una dozzina di “famosi” edifici della Chiesa (tra cui San Pietro e Castel Gandolfo).