Vendere casa è, in questo preciso momento storico, una impresa assai ardua. Complice la crisi, e nella fattispecie la crisi del mercato immobiliare, si fa fatica a vendere un immobile, sicché è frequente il ricorso all’aggiustamento (ovviamente al ribasso) del prezzo.
Ciononostante, una delle domande che sorge a chi vuole vendere casa riguarda il prezzo. Come sceglierlo? Di norma, il prezzo dovrebbe essere il frutto dell’incontro tra la domanda e l’offerta e secondo una certa logica mercatista la sua formazione dovrebbe avvenire in modo naturale, quasi spontanea. Nella pratica, il venditore spesso sceglie il prezzo con cui proporre la propria offerta di vendita semplicemente riferendosi al prezzo con il quale immobili simili sono stati venduti (magari addirittura della stessa zona).
Ovviamente, nella scelta del prezzo ci si può rifare ad alcuni criteri fissi, quindi sganciandosi dalla necessità dell’approssimazione. In buona sostanza, si devono considerare le caratteristiche:
1) “proprie del bene”, ossia la dimensione dell’immobile, qualità dello stesso, piano, presenza dell’ascensore etc.
2) relative all’ambiente, ossia la vivibilità della zona, la vicinanza alle tratte del servizio pubblico, situazione del quartiere dal punto di vista della sicurezza e della criminalità;
3) di natura legale o catastale, ossia – in estrema sintesi – la pressione fiscale sull’immobile stesso. Ovviamente, più è alta più basso sarà il prezzo di vendita perché le tasse – e questo è intuibile – rappresentano un malus.
Secondo la legge, sarebbe bene vendere un immobile al valore di mercato, ma è evidentente che il legislatore non fornisce un grande aiuto, almeno a giudicare da questo passaggio.
“L’importo stimato al quale l’immobile verrebbe venduto alla data della valutazione in un’operazione svolta tra un venditore e un acquirente consenzienti alle normali condizioni di mercato dopo un’adeguata pro-mozione commerciale, nell’ambito della quale le parti hanno agito con cognizioni di causa, con prudenza e senza alcuna costrizione“.