L’occupazione abusiva di un immobile non è un’eventualità così rara. L’emergenza abitativa, causata dalla scarsa attenzione dei governi per le politiche di edilizia popolare, e una certa parzialità della normativa – potenzialmente favorevole all’occupante – esacerbano un fenomeno che lede decisamente i diritti del proprietario.
Non è infrequente, ad esempio, che chi si è aggiudicato un immobile all’asta si ritrovi “in casa” l’ex proprietario, assai restio ad andarsene. Allo stesso modo, non è raro che ad occupare siano famiglie disagiate, che si rivolgono principalmente alle abitazioni vuote, allorché di proprietà altrui.
Cosa può fare il proprietario per tutelarsi? E’ necessario specificare, innanzitutto, che i tempi per liberare l’immobile, specie se tra gli occupanti ci sono anziani, disabili o minori, sono assai lunghi. Detto questo, è possibile agire sia civilmente che penalmente.
In ambito civile, ci si può appellare all’azione di rivendicazione (articolo 948 del codice civile). Questa non ha scadenza, può essere intentata in ogni momento, anche anni dopo la ripresa del possesso. Con la rivendicazione è possibile chiedere il ristoro dei danni subiti durante l’occupazione e, eventualmente, anche il rimborso. Il codice civile, per mezzo dell’articolo 1168, suggerisce l’azione di reintegro del possesso. Essa può essere intentata entro un anno dall’occupazione o dal momento in cui si è preso coscienza del fatto. Possono appelarsi anche i non proprietari che godono del diritto ad abitare, come gli usufruttuari.
In ambito penale, una possibilità è quella di denunciare il fatto alla Procura della Repubblica. I reati che, in caso di occupazione abusiva, possono configurarsi sono molti e vari.
– Reato di invasione di terreni ed edifici (articolo 633 del codice penale).
– Reati contro il patrimonio, come il danneggiamento (articolo 635 del codice penale).
– Furto (articoli 624 e 625 del codice penale).
– Reato di violazione di domicilio (articolo 614 del codice penale).