L’attesa, ahimè per gli italiani è terminata, dalla mezzanotte del 1° ottobre l’iva è passata dal 21% al 22%, trascinandosi dietro una serie di rincari, che peseranno ancora una volta nelle nostre tasche.
Saltato, dunque, il tanto paventato blocco di questo aumento da parte del Governo Letta, il settore del commercio si prepara a subire un nuovo duro colpo, insieme alle famiglie italiane, costrette a sborsare ben 349 euro in più.
L’aumento dell’iva, come già accennato, darà luogo ad una serie di rincari che toccheranno per il 70% i beni di largo consumo, cibo, abbigliamento, arredamento, gioielli, prodotti per l’estetica, parcelle dei professionisti, nonché i carburanti.
A rimanere invariati saranno soltanto latte, frutta, verdura, olio, latticini, pasta, conserve e pomodoro (al 4%), mentre altri prodotti e servizi come carne, uova, pesce, caffè, vino, riso, the, merendine, acqua, birra, salse, luce, gas, medicinali, spettacoli, riviste, traporti passano dal 10% all’11%.
Conseguenze dure anche per alcune categorie di professionisti che sono esenti da iva, come banche ed assicurazioni, impossibilitate a scaricare, quindi, l’iva dagli acquisti.
Un “disastro” annunciato che comporterà anche non pochi problemi soprattutto ai commercianti, obbligati, fra l’altro, a modificare i registratori di cassa, per l’emissione dello scontrino fiscale.
E mentre i politici litigano sul da farsi, l’Italia e gli italiani continuano a sprofondare in una crisi sempre più nera, dalla quale sarà sempre più difficile uscire.
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