Secondo la sentenza n. 13291 del 17/06/2011 della Cassazione, sez. Tributaria, non ci sono benefici prima casa per chi acquista una quota insignificante di un immobile.
Per evitare il decadimento dei benefici fiscali della “prima casa”, e l’applicazione della soprattassa, nel caso in qui avvenga il cedimento dell’immobile prima del decorso del termine di cinque anni dalla data dell’acquisto, la nota II bis dell’art. 1 della parte prima della tariffa allegata al testo unico dell’imposta di registro del 1986, nel testo introdotto con l’art. 3, comma 131, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, prescrive al comma 4, ultimo periodo che il contribuente, entro un anno dal trasferimento “dell’immobile acquistato con i benefici…, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”.
Si potrebbe integrare il requisito detto, solo con l’acquisto non dell’intero immobile, ma di una piccola quota dell’immobile. Tutto ciò solo se vi è un’effettiva possibilità di poter usare il bene acquistato in modo da poterlo utilizzare come propria abitazione.
L’articolo 1102 cod. civ. afferma in fatti che ciascun partecipante alla quota può servirsi del “bene comune” purchè non ne venga modificata la destinazione ne non si vieti agli altri partecipanti di farne lo stesso uso secondo il loro diritto.
Quindi acquisire una piccola quota di un immobile non può permettere di disporre del bene com propria abitazione; cioè il bene stesso non è adatto ad essere adibito ad abitazione, perché è questa la finalità perseguita dal legislatore con il riconoscimento dell’aliquota dell’imposta ridotta sugli atti d’acquisto.
In conclusione possiamo affermare che acquisire una piccola quota di un immobile non realizza la condizione dell’”acquisto di altro immobile”, di cui si parla al comma 4 della nota II all’art. 1 della tariffa citata ovvero sull’idoneità della titolarità di una quota di immobile ai fini dell’integrazione dello “speculare” requisito dell’impossidenza (Cass. n. 9647 del 1999 e n. 10984 del 2007).