Nelle scelta del mutuo il valore del tasso di interesse non è tutto. Lo si dice in genere per ricordare che anche le spese di perizia e gli altri costi accessori possono avere un peso rilevante nella convenienza di un prodotto rispetto a un altro. Ma è bene non sottovalutare anche un altro aspetto, quello della valuta. La grande maggioranza dei finanziamenti per la casa stipulati in Italia è infatti in euro, ma sono diffusi anche prodotti denominati in valuta estera, tipicamente franco svizzero e yen.
E il motivo è semplice: in questi Paesi i tassi di interesse sono mediamente inferiori a quelli praticati nell’Eurozona. In questo momento, per esempio, il Libor a 3 mesi sul franco svizzero è praticamente zero (0,08%), mentre l’Euribor della stessa scadenza viaggia all’1,53% e questo comporta, a parità delle altre condizioni, una rata variabile più leggera. Vuol dire però anche assumersi il rischio, ulteriore e non certo irrilevante, delle oscillazioni dei cambi dato che sia il debito contratto, sia la rata sono automaticamente ricalcolati nella valuta estera.
In termini pratici, significa che ogniqualvolta l’euro si apprezza nei confronti del franco o dello yen il mutuatario risparmia, mentre in caso contrario è costretto a versare rate maggiorate dall’effetto del cambio. Quest’ultima, purtroppo, è la situazione in cui si sono venute a trovare negli ultimi mesi le persone che hanno scelto questi tipi di mutui: l’euro ha perso sensibilmente terreno nei confronti dello yen (110) ed è ai minimi storici rispetto al franco (vicino alla parità, quando soltanto due anni fa viaggiava a quota 1,60). Ed è per questo che molti si preoccupano nel vedere crescere le rate.
L’esempio riportato nei grafici sopra, che ipotizza un mutuo variabile ventennale da 100mila euro stipulato a inizio 2005 alternativamente nella nostra valuta e in franchi svizzeri, può dare un’idea di cosa stia accadendo in queste settimane. I tassi medi più bassi (2,22% compreso lo spread dell’1% anziché il 3,58%) hanno favorito la soluzione elvetica fino al febbraio 2010. Da allora in poi, però, nonostante gli interessi siano sempre inferiori, l’apprezzamento del franco ha reso via via i pagamenti relativamente più onerosi se rapportati all’euro: oggi, per esempio, si paga l’equivalente di 709 euro per il mutuo in franchi svizzeri a fronte dei 546 euro sul prodotto tradizionale.
Nel complesso, chi avesse scelto la soluzione estera è tuttora in vantaggio, e non di poco (ha versato l’equivalente di oltre 4.500 euro in meno): ma il problema è un altro, perché la rata può potenzialmente diventare insostenibile e anche il debito residuo deve essere calcolato nella valuta straniera. E sotto questo aspetto si arriva al paradosso, perché al cambio di oggi i circa 110mila franchi svizzeri che restano da pagare equivalgono a oltre 105mila euro, cioè a un ammontare superiore a quanto si era chiesto 6 anni prima: volendo estinguere il prestito si deve pagare più di quanto a suo tempo si è ricevuto e proprio per questo motivo la sostituzione del finanziamento in franchi non è proprio la soluzione più conveniente.
Molti ricorderanno la vicenda dei mutui in Ecu degli anni 90: allora in soccorso delle famiglie italiane in difficoltà con i pagamenti intervenne l’Abi con una ristrutturazione del debito e un allungamento delle scadenze. Oggi però il numero relativamente esiguo dei mutuatari che hanno scelto i prodotti in franchi rende difficile una soluzione concordata e ai pochi malcapitati non resta che attendere e sperare che la corsa del franco si arresti. In fondo, aggiungere al già oneroso mutuo anche il rischio del cambio è un azzardo da non consigliare a una famiglia. A meno che il sottoscrittore non sia un lavoratore frontaliero: stipendio in franchi e debiti in franchi.